venerdì 15 aprile 2011

David HUME

Con Hume siamo in pieno illuminismo, periodo che vede una svolta epocale del modo di rapportarsi alla ragione umana in quanto essa è priva di conoscenze a priori (antidogmatismo) ma soprattutto è limitata dalla solita cara esperienza. Nel 1736 appare la prima opera humeana (Trattato sulla natura umana) nella quale è scritto:
'Ho di me stesso l'immagine di un uomo il quale, dopo aver cozzato in molti scogli, ed evitato a malapena il naufragio (=rischio di naufragio della filosofia dogmatica) passando in una secca, conservi ancora la temerarietà di mettersi per mare con lo stesso battello sconquassato (=ragione), con l'intatta ambizione di tentare il giro del mondo (=conoscenza complessiva dell'uomo) nonostante queste disastrose circostanze.'


Con questa metafora Hume rivela il suo intento che è quello di studiare l'uomo per quello che è e individuare un unico principio per spiegare ciò che lo caratterizza (voleva fare insomma come Newton con la legge di gravitazione universale).
Anche lui parla di CONOSCENZA e a proposito di questa sostiene che essa parta dalla PERCEZIONE, ossia 'tutto ciò che può essere presente alla mente, sia che esercitiamo i nostri sensi, sia che siamo mossi da passione, sia che esercitiamo pensiero e riflessione'. La percezione è dunque il fondamento di ogni rapporto umano con la realtà e può produrre IMPRESSIONI (percezioni vivaci e forti di sensazioni ed emozioni alla prima apparizione nell'animo umano) e IDEE (percezioni più pallide e deboli delle impressioni). Le idee possono essere prodotte anche da memoria e immaginazione le quali agiscono per ABITUDINE grazie a un processo di associazione che produce in noi una credenza.
Dal momento che noi associamo più idee senza che ci sia questo rapporto insito nelle idee stesse, questo processo di carattere psicologico, insieme all'abitudine, fa presagire che il passaggio da essere a dover essere sia improprio poiché NON è CONTRADDITTORIO IL NON VERIFICARSI DI QUALCOSA, inoltre la conoscenza che si forma è solo probabile e non necessaria. La conoscenza tuttavia può essere di due tipi: FISICA (matters of facts) ossia probabile perché il contrario di un fatto è sempre possibile e non può implicare alcuna contraddizione e MATEMATICA (relations of ideas) ossia certa e necessaria perché formula proposizoini attraverso la pura attività di pensiero per INTUIZIONE e DIMOSTRAZIONE, prescindendo dalle impressioni. Il principio di associazione dunque avviene tramite somiglianza, contiguità e causalità: con queste l'uomo fa previsioni prive di fondamento scientifico.
Veniamo invece al principio di causalità. Essa è data dalla contiguità A ---> B e dalla priorità della causa sull'effetto, tuttavia è arbitraria e priva di necessità oggettiva in quanto non esiste come relazione necessaria e anche se A venisse prima di B non avremmo mai la percezione che B sarebbe accaduto se non fosse accaduto A. Perché secondo voi? Perché A e B restano comunque 2 fatti distinti e, dal momento che l'esperienza ci illumina riguardo il passato e non il futuro, è solo l'ABITUDINE che 'ci induce a supporre che il futuro sia conforme al passato e ci induce a pensare che esista regolarità nei fenomeni naturali'.
E allora il mondo esiste come essenza? No! Il mondo è una credenza, la quale è un sentimento naturale nell'uomo che dipende dall'abitudine e quindi le singole realtà sviluppano in noi percezioni che ci traggono in inganno. La prima credenza forte dell'uomo dunque è quella dell'esistenza di un MONDO ESTERNO, credenza aiutata dalla coerenza e dalla costanza per cui questo sentimento che ci porta a credere alla realtà esterna è INELIMINABILE, la seconda è quella dell'IO, secondo cui 'noi non abbiamo mai esperienza del nostro io, ma sempre e solo una serie di stati d'animo', l'io quindi è un fascio di percezioni in successione legate da noi tramite associazione.
Ne consegue che la CREDENZA sia una conoscenza basata su un istinto ineliminabile e che il crearsi di credenze nell'uomo sia inevitabile.
Per quanto riguarda la MORALE humeana possiamo dire che la vita morale sia determinata non da leggi ma da istinti e passioni. Il male e il bene non esistono perché l'uomo agisce quando è mosso da passioni, passioni condotte sulla base di un principio di SIMPATIA, il quale, tramite immaginazione, trasforma passioni altrui in nostre esperienze. Anche la simpatia è quindi istinto e non razionalità e questo LEGAME SIMPATETICO agisce nella morale nello stesso modo in cui la credenza agisce nella gnoseologia.
Le PASSIONI sono impressioni secondarie di riflessione che si generano per reazione alle impressioni primarie di sensazioni di piacere o dolore venute a contatto con corpi esterni. Esse possono essere DIRETTE (generate immediatamente dalle impressioni di sensazioni di piacere o dolore) o INDIRETTE (generate quando alle impressioni di piacere o dolore vengono associate altre qualità dell'io o degli altri).
LA MORALE DUNQUE PROCEDE PER PASSIONI!

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